È un continuo proliferare di fondazioni e associazioni a ricordo di uomini o donne cadute per mafia, personaggi pubblici, più o meno noti, privati cittadini che vogliono far proseguire la “vita terrena” di cari e amici stretti. E ciò è un bene!, visto le missioni delle associazioni. Però, c’è sempre un però, e questa volta è consequenziale al fenomeno associazionistico commemorativo perché spesso, superato il primo momento, le celebrazioni prendono vie poco consoni rispetto a quanto prefissato.
Anche in dette circostanze, che dovrebbero essere alte, dal punto di vista culturale, gli organismi dirigenziali cavalcano gli eventi, spettacolarizzano in maniera enfatica ogni minimo sforzo. Non a caso, si assiste inermi a dirottamenti di fondi raccolti per l’infanzia o le adozioni a distanza, senza ricordare le malvagità attuate nei confronti di anziani ricoverate in strutture definite “opere pie”. Persino gli eventi naturali, le catastrofi, i cataclismi sono messi da parte dopo che i mass media spengono i riflettori e si è visto a L’Aquila, Calabria e Sicilia, Haiti, o le guerre delle zone depresse, l’Afghanistan e del terzo mondo.
Senza ombra di dubbi, se assistessimo a un numero minore di autocelebrazioni e a maggiori azioni concrete verso i popoli in attesa di aiuti umanitari, si rinsalderebbe la fiducia in quanti vogliono adoperarsi per i fratelli in difficoltà sparsi per il mondo.
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