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lunedì 28 giugno 2010

la superstizione: il malocchio

Racconti di vita in Calabria 1

La superstizione: il malocchio.

Il gatto nero che attraversa la strada? Passare sotto una scala a pioli? Il volo degli uccelli in un verso piuttosto che in un altro? Il grido di un animale notturno?

Niente di tutto questo!

Per alcuni il sintomo della iattura più nera è raffigurato dall’espressione facciale di certa gente: sguardo torvo, occhi ravvicinati e labbra sottili che non sanno distendersi in una corroborante risata. Quando si ha la malaugurata sorte d’incontrare soggetti simili, specie ai funerali, è facile assistere a un tocca tocca generale: chi tocca ferro e chi le parti basse proprie. Pare che queste persone abbiano il potere di assorbire le energie vitali di chi guardano con invidia ma, a volte, anche involontariamente.

L’osservato, lentamente cade in un torpore singolare: perde le forze e inizia a sbadigliare e quando uno iettatore butta il malocchio, tradizione vuole che ci si debba rivolga alla comare che sa “sciumicare” cioè sappia togliere l’affascino dell’occhio invidioso.

La comare recita, dopo aver fatto segnare la fronte col simbolo della croce per tre volte, alcune semplici parole che a conoscerle riporta alla mente una nenia dialettale. Già a conoscerle!

La comare recita in sostanza una preghiera in vernacolo, tramandata di generazione in generazione durante la veglia del SS Natale, e grosso modo recita così: San Giuseppe che vieni da lontano e che porti sulle spalle i guai del mondo, ti prego, togli il malocchio da dosso a …, e dopo aver pronunciato il nome del mal capitato, la comare, recita tre Ave e tre Pater e infine invita il postulante a lavare il viso con acqua e sale.
Ancora oggi, in alcuni luoghi, la nostrana sciamana è ringraziata con un chilo di zucchero e uno di caffè.
Non ci credo ma stando ad alcune testimonianze… pare che l’intercessione funzioni…

ps. dimenticavo: sembra che l'occhio potente del menagramo colpisca non solo le persone ma anche le colture e ogni bene che lui vorrebbe possedere

(segue: il pranzo della festa)