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giovedì 22 ottobre 2009

storie fantastiche



Storie fantastiche del sottobosco.

Ho pensato a lungo se continuare a scrivere del popolo gallico oppure no!

E sono giunto alla seguente conclusione: no! Oggi mi va di scrivere. Voglio narrare delle ricchezze del sottobosco, dei suoi abitanti e degli esseri viventi che abitano l’aria.
Quindi:

Dicevamo, il popolo gallico vive in piena libertà; può imitare il capo ma non essere come Lui. Può essere tutelato ma non quanto Lui. Può … che può? Basta, così è già tanto!

D’altronde il popolo non ha gli impegni e i pensieri di un capo. Il capo deve lavorare sodo per garantire la sopravvivenza della specie; deve montare le femmine della comunità; deve assicurare la prosecuzione della dinastia, la completa e sicura potente intraprendente razza gallica pura nel corpo e nella mente. Ma lasciando per un attimo da parte la descrizione dell’ordinamento sociale che disciplina la comunità, cerchiamo di comprendere cosa pensa la base.

I sudditi sono ai piedi del castagno. Il suo tronco è maestoso; avrà, a occhio e croce un diametro di dieci/dodici metri e i ricci sono grandi quanto una noce di cocco. Gli aculei sono adoperati al posto dei chiodi e nei gusci vuoti dei ricci, opportunamente dotati di un meccanismo antirapina, i gallici allevano perle. Ne possono coltivare cento a nucleo familiare: ottanta vanno al capo che li utilizza… li utilizza! Questo può bastare! E venti servono per lo scambio. Lo scambio! Lo scambio de chè? Ghe pensa tutto Lui. Per cui, spontaneamente, i cittadini non sapendo che farsene delle biglie biancastre, dopo avere giocato un po’ e assaporato l’illusione che dà l’ebbrezza del potere contrattuale, li depositano nel caveau del capo.
Si è fatto tardi. Devo fare toilette, colazione e sbrigare alcune faccenduole. Quindi mi fermo e vi rimando alla prossima. Ciao!

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