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sabato 10 ottobre 2009

disagi sociali: solitudine, indifferenza, depressione


Premesso che non è mia intenzione trovare colpevoli o scusanti per motivare gli atti estremi di quanti decidono di togliersi la vita, sono del parere che una se pur limitata analisi debba essere fatta. Quantomeno chiedersi come mai? Cos’è che ha indotto una persona a mettere in pratica un pensiero così drammatico! Ha pensato allo sgomento e al vuoto che lascia non solo nella vita di quanti, lo conoscono ma anche di quelli che ne vengono a conoscenza. Si è fatto carico delle voragini emotive che provoca l’insano gesto? Sicuramente no!, dato l’epilogo della sua esistenza. Un’esistenza lunga, media o breve che sia non ha importanza, poiché, l’atto estremo, lascia un segno indelebile nella società.
E la famiglia? Possibile che non si sia mai accorta di nulla? Madre padre fratelli cugini zie nonni… Moglie figli mariti cognati amici!
È dall’inizio di questa estate che queste domande mi frullano nella testa. Da quando ho sentito un tonfo seguito da urla disperate dall’altra parte della casa: giù nel cortile, il corpo inanimato di un uomo, leggermente scomposto, sbarbato fresco, sembrava dormire supino a dorso nudo. Quell’uomo lo vedevo tutti i giorni fumare nel balcone; silenzioso guardava fuori; a volte stendeva i panni o espletava qualche servizio domestico. Ebbene, senza dubbio alla sua famiglia mancherà!, ma voglio dire che la sua figura manca anche a me anche se non lo conoscevo per niente; quando mi affaccio, vedo il balcone vuoto e lui giù coperto con un lenzuolo.
Mi chiedo: è l’effetto della società distratta, famelica, caotica, pregna d’indifferenza, quindi, scarsa di attenzioni verso il singolo a innescare il fenomeno dell’incalzante depressione?

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