A una certa età i sogni, immancabilmente, incontrano la realtà e s’infrangono.
Le favole cessano miseramente di vivere; si sgretola l’angolo magico in cui abbiamo collocato i sogni.
Il mondo fantastico protetto dalla quieta forza dei sogni e la vita perfetta, lasciata proliferare in gioia e armonia tra boschi popolati da gnomi e fate, immancabilmente con l’età della ragione e le molteplici botte in testa elargite abbondantemente dalla realtà, sono rabbiosamente annullati.
Si diventa grandi! Cosicché, si confeziona un enorme pacco, conforme alla propria fantasia, si buttano dentro le utopie generazionali i momenti intensi; si sigilla e si manda al macero. Ma solo se non abiti nelle città invase dalla sporcizia e sempreché hai differenziato i sogni in: carta, vetro, plastica, umido.
A una certa età cade il mito delle cicogne che portano i bambini e dei campi di cavoli dalle larghe foglie che li avvolgono nell’attesa delle mamme.
A una certa età ti accorgi che la vita è degna di essere vissuta per quello che è nella sua interezza, a prescindere dalle incertezze pilotate o dal fato.
A una certa età, pressato dalle esigenze quotidiane, ti rompi il cazzo e mandi tutti a fare un bagno di umiltà ma loro non sono umili, sono dirigenti nazionali e ti rispondono che sei tu a non capire una cippa, che loro lavorano per te per il tuo benessere e sempre per il tuo benessere ti fanno caricare di bastonate da incolpevoli ragazzi in divisa se manifesti perché hai fame, non hai un lavoro, uno stipendio, una pensione dignitosa. In poche parole non conti un cazzo, dopo le elezioni.
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