Ascoltare. Osservare. Meditare.
Per evitare infami erezioni.
Oggi come non mai è in atto la pratica dell’accusa. Si accusa tutti e tutto pur di trovare un capro espiatorio ai drammi ambientali, sociali e personali; quasi come a esorcizzare le catastrofi incombenti nei territori sfruttati negligentemente dalle persone avide, oppure trovare il colpevole dell’instabilità sociale ed economica che attanaglia la maggior parte dei paesi. E su chi si punta il dito se non sulle persone più in vista? Perché? Perché nei momenti di panico, è umano che si cerchi di porre punti fermi per arginare l’ignoto e le relative paure. Inizia così la caccia all'untore, che riempirà, suo malgrado, spazi cartacei e virtuali. Il malcapitato o i malcapitati, una volta segnati dall'opinione pubblica ed eventualmente dalla giustizia, difficilmente usciranno indenni. Solo il più forte si salverà. Così com’è avvenuto nel racconto del Manzoni nella storia della colonna infame: si accusa chi si vede aggirare di notte, il diverso, l’extracomunitario, il vicino di casa antipatico, l’imprenditore fortunato e finanche il capo dello stato non è esente dalle critiche.
Nulla da eccepire! Ma, per onestà intellettuale, è doveroso ricordare che chi vive e lavora nei luoghi della “colonna infame” non è mai esente da responsabilità. Tutto ciò che avviene, è merito o colpa di ogni singola persona. Come insegna la storia
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