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martedì 7 aprile 2015

Pasquetta un rito che si consuma in compagnia

Tempo e cielo cangianti. Nuvole. Vento. Pioggia. Sole.
Meteo inclemente per pensare alla solita, annuale, e, per alcuni, fatidica gita fuori porta di Pasquetta.
I pensieri vagano fino a raggiungere l'ultima pasquetta fatta in compagnia dei miei amici tra le onde dello Jonio, colazione al sacco, le immancabili "cuzzupe" e le pastiere adagiate sulla sabbia del porticciolo di Catanzaro Lido.
Tempi allegri e scanzonati. Messi in un cantuccio a riposare. Sorpassati dalle riunioni compassate, ma non troppo, tra coppie mature e figli a seguito.
Eravamo forse degli incoscienti a non lasciarci intimidire e condizionare dal tempo? No, semplicemente non davamo peso alla pioggia. E quando una cosa era in programma si rispettava la tabella di marcia. Come quel giorno che una volta partiti per la Sila si aprirono le cateratte del cielo e furono tuoni e fulmini a condizionare la meta.
Ci fermammo in una casa in costruzione, tra gli alti pini silani, a poche decine di metri dalla strada.
I bambini erano elettrizzati. E noi ci mettemmo a raccattare pigne asciutte e legna inservibile del cantiere. Accendemmo il fuoco. Mettemmo su la griglia da “passeggio”. Ed ebbe inizio il rituale.

L'odore di fumo porta con sé il calore delle allegre compagnie. Grida gioiose e sbotti d'ilarità avvolgono gli ambienti e tutto si trasforma in festa. Anche la giornata più buia e piovosa è rischiarata dalle positività conviviali.
il "pasquone" da noi è un rito
 che si consuma in compagnia


Finito lo spasso e pulito l'area occupata abusivamente, anche se per poco tempo date le condizioni meteorologiche, risalimmo nelle macchine per fare ritorno.
La pioggia si era trasformata in acquazzone e le strade in fiumi melmosi tanto che fummo costretti a cambiare il percorso più volte.
Al bivio di Cafarda i vigili del fuoco ci indicarono un percorso alternativo. Andammo in direzione di Gimigliano e poi a Gagliano e lì rimanemmo bloccati nel centro storico. Un tronco trasportato dall'acqua si posizionò di traverso e i detriti fecero il resto. La diga sbarrò l'acqua; il livello si alzò fino a metà portiera delle auto.
I bambini, ridevano, incuriositi dalla inconsueta situazione che si era creata e dalla solidarietà delle persone che allungavano bottiglie d'acqua e biscotti dalle finestre basse delle case incuranti del pericolo.

Ma il gruppo chiassoso che ha invaso il parco giochi sotto casa non incorrerà, anche se il tempo è inclemente, nelle stesse disavventure appena narrate.
Non hanno bisogno di coprire grandi distanze per ritornare a casa anche se la macchina rossa parcheggiata nei pressi del cancello del parco è caricata all'inverosimile.
Sono ben attrezzati. Anche loro griglia da “passeggio”. Tavoli, sedie da picnic e un enorme telone plastificato da tendere sopra le teste e fissare agli alberi per riparare tavoli e vettovaglie.
A parte la distanza tutto è come sempre. Tra le compagnie c'è sempre chi racconta barzellette, chi ricorda aneddoti, chi s'incazza per finta e chi ride.

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