La realtà fa un baffo a Dan Brown. Gli intrecci tra faccendieri, politica, massonerie e ordini religiosi superano di gran lungo la fantasia dei romanzieri.
I giornali, nei primi giorni di
novembre 2013, riportano una notizia clamorosa:
Paolo Oliverio è agli arresti e...
Paolo Oliverio è agli arresti e...
Salvatore Renato, padre superiore dei Camilliani lo seguirà presto.
Il perché è machiavellico. Avrebbe
organizzato una finta audizione nei confronti di due chierici, per vincere le elezioni.
Fantomatiche indagini di polizia giudiziaria, quindi, per impedire
agli stessi di partecipare alle votazioni per l’elezione del
Superiore Generale presso l’Ordine dei Ministri degli Infermi, più
noti come religiosi Camilliani, svoltesi presso la Casa del Divin
Maestro ad Ariccia, in provincia di Roma, il 13 maggio 2013. Elezioni
che si conclusero con l’elezione a Superiore Generale dei
Camilliani proprio di Salvatore Renato.
Al centro della fantasiosa
macchinazione, secondo gli investigatori, ci sarebbe stato il
commercialista Paolo Oliverio.
Nel corso delle indagini sfociate negli
arresti i finanzieri hanno ricostruito come, grazie allo stratagemma
delle “finte audizioni” che sarebbe stato organizzato da
Oliverio, Padre Salvatore Renato fosse riuscito ad impedire ai due
prelati “sequestrati” di partecipare alle elezioni, così
guadagnando quei soli due voti necessari ad imporsi sul diretto
antagonista. In questo modo, secondo gli investigatori, Oliverio ha
visto rafforzato il rapporto privilegiato con Padre Salvatore e, di
conseguenza, il proprio potere nella gestione dei vari nosocomi dallo
stesso Ordine diretti tra cui, in particolare, quello di Casoria, nel
napoletano
ma non è tutto.
Dai Camilliani il professionista aveva
ottenuto una procura speciale per la gestione degli appalti in
Campania, Calabria e Sicilia. Si occupava delle commesse e sarebbe
riuscito a trasferire fondi all'estero, in particolare in Romania,
attraverso un meccanismo che - accusa il Gico della Guardia di
Finanza - prevedeva «l’effettuazione di bonifici giustificati da
una causale fittizia, compatibile con il mondo camilliano, in modo
che il beneficiario, ottenuta la disponibilità in conto, poteva
prelevare il contante accreditato all'estero e ottenere in Italia
la consegna contante di pari importo attraverso una sorta di
compensazione».
L’episodio del sequestro di padre
Antonio Puca e padre Rosario Messina, fu scoperto per l’attività
di intercettazioni telefoniche e ambientali.
Quello dei Camilliani, dunque, è solo
un piccolo capitolo della grande inchiesta che vede Oliverio al
centro di una organizzazione criminale.
Pare che Oliverio abbia messo in piedi
un’industria del ricatto. E quando gli investigatori perquisirono
il suo ufficio li pregò di lasciare stare computer, tablet,
smartphone e pen drive. «Non li aprite - li esortò - che qui vien
giù l’Italia».
È un deja vu da paura. Ci riporta ad
un passato impressionante retto da ricatti, malaffare e commistione
di pezzi di istituzioni deviate.
Paolo Oliverio è accusato di
riciclaggio di soldi sporchi di 'ndrangheta e mala romana. Pare che fosse in grado, mediante "amicizie altolocate con le fiamme gialle", di orientare verifiche fiscali su imprenditori e grandi società intervenendo anche sull'attività degli ispettori di Equitalia.
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