Quando il camice bianco tinge di grigia maleducazione la corsia.
Visitare gli infermi è un'azione
imperativa, un'azione misericordiosa che i credenti dovrebbero fare
sempre.
Ma se “visitare gli infermi” è
pratica di un'opera di misericordia, sopportare le urla di qualche
medico cafone cos'è?
Per amor del vero, premesso che
l'orario più favorevole per le visite serali è tra le 19 e le 20, è
opportuno fare dei distinguo tra l'infermiere che, dopo avere
motivato l'esigenza scientifica e psicologica dei pazienti, invita
educatamente i visitatori a spostarsi fuori dalle stanze e la boria
della dottoressa attempata che urla di non sostare neppure nel
corridoio e uscire dal reparto.
Chissà forse la dottoressa ha fatto il
callo a furia di vedere malati e parenti affollare negli anni i letti
dei sofferenti. Se così è allora dovrebbe prendersi una pausa.
Rigenerarsi. Riflettere. E comprendere se ha ancora senso indossare
un camice bianco. Stare vicino a chi soffre, curare le malattie
fisiche dei pazienti e essere più attenta alle sensibilità dei
congiunti in pena.
C'è sempre qualche malato o anziano nella cerchia dei nostri parenti e amici. Il nostro interessamento per loro è, volere o no, rivolto al Signore nostro Gesù Cristo, perché è lui che ha detto: Ero malato e mi avete visitato. Trascurarli o peggio ancora maltrattarli è sempre una opposizione a Gesù. Il vero amore ci costringe a cambiare radicalmente il nostro modo di pensare e di agire e ci sospinge a costruire la nostra vita sul fondamento della nuova vita in Cristo. (cit)
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