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venerdì 18 settembre 2020

Giocattoli di plastica, arte o bluff?

È una craccata pazzesca! Direbbe un vecchio amico amante dell'Arte, quella seria che fa riflettere!



Invece sembra essere difronte ad una misera operazione di marketing ammantata da buoni propositi edulcorati coi temi cari agli ambientalisti. Gli animali rigorosamente riprodotti in materiale plastico sono la brutta copia degli splendidi esemplari che popolano ambiente e natura.


Ambiente e natura messi a dura prova dall'ingordigia umana, mai sazia.

Animali a cui noi diamo meriti e demeriti. Animali, esseri viventi che si accontentano di poco. Prede e predatori a seconda dei casi per vivere o sopravvivere senza conti in banca.


Poi è facile condire con metafore e retoriche l'origine e la fine cui siamo costretti a subire perché schiavi della monetizzazione imperante. Eppure sidicono lontani dal sistema economico del mercato dell'arte questi giovani manipolatori e scissionisti della materia prima dei loro prodotti: l'oro nero!


Il petrolio.

Cracking deriva dall'inglese e sta a significare la scissione, ovvero il procedimento con cui si ricava la plastica che diviene materia prima degli stampi.


Qualcuno azzarda e accosta il movimento a correnti artistiche come “dada” e “pop art” per la esteriorità dissacrante delle installazioni disseminate in città.

Ma non è così.


È un gioco. Un gioco che costa caro. Non so ancora a chi. Ma qualcuno, stando ai prezzi su ebay, deve pur pagare, salvo che non abbia ottenuto un comodato d'uso da ricambiare sempre nei canali giusti.

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