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martedì 18 gennaio 2011

lettera aperta a Marco Travaglio e non solo

Caro Marco Travaglio,
Casualmente ti ho incontrato facendo zapping col telecomando e mi ha colpito molto il tuo modo di trattare argomenti seri come il governo italiano nel contesto storico contemporaneo.
Devo dire che il tuo è un modo particolare di argomentare. All’uomo non contesti solo le azioni che a tuo modo di intendere sono sbagliate, ma associ difetti fisici e caratteriali. Non che a me faccia simpatia Berlusconi, Bush o l’ex primo ministro inglese che ora veste i panni dell’intellettuale e va in giro per il mondo a promuovere il suo libro, però, mi sento di dirti che trovo alquanto volgare sentire gli apprezzamenti che esaltano la fisicità dei tuoi nemici. Sì, perché per te di questo si tratta di nemici, altrimenti le tue argomentazioni starebbero sul tema politico, economico o sociale piuttosto che ricordare le marachelle di Silvio, che, ripeto, nessuno ama quando esagera perché rappresenta l’Italia nel mondo e quindi vorremmo vedere affiorare il buon esempio in ogni occasione.
E che dire dell’assioma che hai fatto tra lui, Mussolini, Hitler, che, sì hanno tenuto in ostaggio i loro paesi, l’Europa e il mondo con la seconda guerra mondiale e che sono stati osannati dai rispettivi popoli salvo condannarli alla fine dei loro imperi. In quest’occasione hai detto che però Mussolini era coadiuvato nel governo da grandi nomi della cultura ecc ecc, ma, ti chiedo, se fossero stati davvero grandi esponenti della cultura, come mai è successo quello che ancora stiamo pagando tutti? Libia compresa? Dove erano i filosofi, gli storici, gli umanisti che ora rompono i coglioni dai libri di scuola agli studenti quando Mussolini tradì gli italiani? Non erano nel suo governo? Eppure si guardavano bene dal contestare il Duce!
Ciononostante, è facile che si avveri quanto tu hai detto. E cioè che alla caduta di Berlusconi molti lo tratteranno come hanno trattato gli altri despoti che lo hanno preceduto; ma credo, e di ciò sono fermamente convinto, che non si possa gioire delle sconfitte, anche se queste cambiano il corso della storia. Ma si deve lavorare per cambiare il corso degli eventi in maniera seria durante la vita politica dei partecipanti alla querelle sociale, evitando di demonizzare la controparte. Se ciò non avviene, la colpa è di tutti quelli che salgono in cattedra a sentenziare e inveire istericamente sui rappresentanti dei mali piuttosto che lavorare affinché la cultura faccia il suo corso ed emancipi le menti, senza dimenticare che l’uomo si siede a pensare e discernere il bene dal male dopo avere ottemperato alle esigenze corporali. in poche parole non deve essere sottoposto a ricatti di nessun genere!, invece, i giornalisti, salvo quando non sono schierati a darsi battaglia perché le direttive dell’editore lo impongono, inseguono solo le notizie che fanno scandalo e che grazie alla voracità collettiva sui fatti ricoperti di fango aiutano nella carriera nel palinsesto e nei conti in banca.

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