sabato 31 ottobre 2009

l'antipasto di Adriana: peperoncini piccanti ripieni



D’acchito sembrano enormi olive.
Carnosi, ripieni. Scrocchiano in bocca.
Il pizzicorino invita a un altro assaggio. Il bocconcino picca un po’ ma non eccessivamente e lascia in bocca una delicata rapsodia di aromi: lievi note di mare, campagna e, infine, il retrogusto gradevole di quel tanto di aceto piccante che purifica le papille. I peperoncini piccanti della signora Adriana sono squisiti. Sublimi! Le chiedo la ricetta e lei, con la bontà connaturata nei calabresi, risponde: è semplice! Non ci vuole molto per prepararli! Ecco, si procede così:

Antipasto calabrese di peperoncini piccanti ripieni
aore12

Ingredienti:

Peperoncini piccanti
Tonno
Capperi
Alici sottosale diliscate
Aceto
olio d’oliva

Preparazione:

1. Lavare i peperoncini
2. Togliere il gambo
3. Deporli in una teglia e coprirli con aceto di vino.
4. Lascarli immersi per 3-4 giorni
5. Sgocciolare
6. Scavare i semi dalla parte del gambo con un cucchiaino da caffè.
7. Farcire con tonno, un pezzettino di alice, un cappero.
8. Riporre i peperoncini ripieni in boccacci di vetro.
9. Coprire con olio e tappare.

venerdì 30 ottobre 2009

Aniceto Mamone, pittore naif?



I pittori che non hanno seguito corsi di studi regolari in licei artistici o accademie, nel gergo
©archivio M.Iannino
comune, erroneamente, sono etichettati come naif (parola francese che, tradotta letteralmente, in italiano significa “ingenuo”).

È senz'altro un ossimoro, una contraddizione in termini!

Non tutti sono a conoscenza che per realizzare un bel dipinto non è necessario seguire corsi di studi istituzionali che imbottiscono le menti di nozioni ma, piuttosto, apprendere le tecniche e abbandonarle nel momento della creazione come hanno asserito i maggiori artisti che hanno fatto la storia dell’arte.

In quanto, nell'attimo della creazione, per esternare onestamente poetiche personali, e chi fa della pittura ricerca e fonte comportamentale quotidiano ne è testimone e  lo mette in pratica, ovvero, abbandona la razionalità, inibisce insieme alle tecniche i saperi teorici, altrimenti i gusti estetici correnti, avvalorati dalle teorie di mercato, possono condizionere l’esito finale dell’opera.

L’artista è un ricercatore e come tale scandaglia materia e strumenti; personalizza i linguaggi espressivi conosciuti fino a trovare il proprio; non importa se figurativo, astratto, nuovi media ecc. Importa, invece e gioca un ruolo importante la passione e Aniceto Mamone, di passione ne aveva tantissima. Nei suoi lavori aleggia la magia dei puri che illumina scorci di paesaggi familiari; case strette l’un l’altra in intimi abbracci; ripide scale trasformate in scivoli giocosi.

In pittura, spesso erroneamente, chi dipinge figure e oggetti non attinenti alle regole costruttive dettate dalla prospettiva, adopera tavolozze elementari e personalizza lo spazio fuori dai canoni accademici è considerato naif.
Anche l'autodidatta è ritenuto tale, ma non è il caso di Mamone. Lui conosceva bene il mestiere e le tecniche tant'è che "quando era davanti uno scorcio, non si atteneva a ciò che vedeva con gli occhi fisici: lui dosava gli elementi, cercava l’equilibrio e considerava persino dove porre la firma, perché, diceva: "è parte integrante della costruzione del quadro".

mario iannino

gli spazi della comunicazione democratica, usi e abusi



Spazi sociali e sindrome della casta


Chi conosce un metodo efficace che faccia comprendere ai furbetti che è finito il tempo della retorica violenta e mistificatrice?
Anche i talk show storicamente accreditati si sono lasciati andare; prestano il fianco a schermaglie verbali forti che non lasciano capire nulla ai telespettatori.
Forse la redazione ha dimenticato di mandare agli ospiti un promemoria comportamentale insieme al tema da sviluppare in studio? Oppure i professionisti presenti a vario titolo credono di parlare a una platea di scemi?
Ogni appiglio è buono per sviare domande chiare. Ribaltare i concetti. Fare la parte della vittima. Assumere i panni e la corazza del paladino dei giusti.
I furbetti trasformano in farsa persino i drammi sociali; e non sarebbe un espediente negativo se seguisse un epilogo correttore dei problemi noti ma sottaciuti.
Invece perseverano. Forti della posizione di comando delegatagli dalle urne democratiche, i dirigenti, sembrano recitare un copione studiato a tavolino e quando qualcosa sfugge dai confini prestabiliti, iniziano ad azzuffarsi. Senza tralasciare i “poltronisti” fissi, che trovi dappertutto, onnipresenti peggio delle pandemie; e stanno lì, impassibili a ripetere la tiritera imparata a memoria come bravi scolaretti. Gente che cambia idee e casacche non in seguito ad analisi politiche serie ma in virtù del proprio tornaconto.
È una tattica che lascia annichiliti quanti credono nel rispetto della persona; nell’emancipazione dei meno abbienti e nella solidarietà.

ps. Un tempo il giullare, o sacro matto, diceva anche in maniera irriguardosa al sovrano quanto non andava nelle leggi promulgate e nei comportamenti regali; a volte la sua critica rimetteva in gioco concetti non esaminati. Oggi in un clima democratico (?) sembra non ci sia spazio per burloni, critici, analisti, artisti e giullari. Gli spazi democratici dell’analisi sociale e culturale sono occupati dalla casta…

nevicata, Aniceto Mamone, pittore calabrese


©archivio M.Iannino


Le strade che portano nell’entroterra calabrese sono conformate tutte allo stesso modo: curve, tornanti, brevi rettilinei contenuti in una stretta lingua d’asfalto. La viabilità è contenuta; pochi gli automobilisti che percorrono le vecchie strade provinciali. L’esistenza quieta delle cose fatte
dall’uomo e dalla natura è poesia. Poesia visiva che il pittore trasfonde sulla tela con sapienza e maestria. Aniceto Mamone è stato un pittore genuino; non amava né rincorreva le velleità. La sua natura buona si rispecchia nei dipinti rurali: le nevicate di un candore disarmante; i vecchi casolari di campagna; le marine. In ogni dipinto c’è impresso il carattere del luogo contaminato dall’umana sofferenza e dalla gioia. La semplicità pittorica con la quale Nino sviluppa le sue tele è disarmante: pochi i momenti di ripensamento e d’indugio. Lui lavora di getto; la sintesi espressiva racchiude insegnamenti impressionisti.

giovedì 29 ottobre 2009

le stagioni di Aniceto Mamone, pittore calabrese



Le stagioni di Aniceto Mamone, pittore Calabrese

La convenzione spinge a scandire il tempo e differenziarlo in stagioni.
©archivio M.Iannino

In natura, le stagioni si sono stancate di danzare per l’uomo e traghettarne le membra verso temperature differenti con dolcezza. Ora il girotondo è imprevedibile: caldo freddo caldo vento pioggia neve caldo freddo.
Primavera e autunno sono inesistenti nell’Italia meridionale.
In Calabria la bizzarria dell’escursione termica induce a dismettere gli abiti estivi intorno alla fine di ottobre/novembre per riprenderli immediatamente.
Giornate assolate in novembre, dicembre. Cielo plumbeo a marzo. Caldo estivo da maggio a ottobre.
I paesaggi innevati, le festività del Santo Natale caratterizzate dal freddo pungente sono un ricordo lontano. Ricordo che rivive nelle cartoline, nelle fotografie e nei dipinti di Aniceto Mamone.
Aniceto Mamone, con estrema sensibilità visualizza poetici particolari. I soggetti cari al suo animo sono le terre di Calabria. Dal mare ai monti; Aniceto, Nino per gli amici, segue il passaggio della natura. Ne traccia le caratteristiche peculiari. La sua tavolozza addolcisce, nasconde o evidenzia le asperità, le infiorescenze della natura nel rigoglio più alto.
Aniceto ama la Calabria. Il suo testamento poetico lo testimonia! Nino ha impresso poetiche indelebili su tele naif, a volte infantili; sinceramente infantili secondo la terminologia intimista che esprime, senza falsi pudori, quanto ha in animo un adulto. La sua tavolozza mostra poetiche genuine.
Nei tratti e nelle campiture cromatiche è vivo il sentimento d’amore per la natura, la terra; gli abitanti. Tutto ciò rivive nei suoi dipinti.
Lui, Aniceto Mamone ha concluso l’ultima stagione della sua vita ormai da qualche anno ma è ancora presente in famiglia per l’esempio educativo cha ha saputo infondere e nei ricordi degli amici, per il lavoro e l’onestà intellettuale delle sue azioni condensate nei lavori artistici, nei quali vive ancore.

provviste calabresi, u salatura



aore12Quando in Calabria non c’erano i mega centri commerciali e neanche i supermercati, le famiglie provvedevano a rifornire le dispense conservando i prodotti agricoli di stagione attraverso procedimenti tradizionali, tramandati dalla sapienza contadina. Le provviste casarecce variavano in base alle colture della zona. In molte case, era comune trovare “u salatura”, coccio cilindrico in terracotta, ripieno di ortaggi sottosale. La salamoia era composta di pomodori verdi, peperoni, melanzane, coste di sedano, olive, cetrioli, zucchine. Il tutto, lavato, tagliato, salato e depositato strato su strato nel contenitore di coccio e tenuto pressato da un coperchio di legno con sopra una pietra pesante. Tutte le mattine, la massaia controllava se la pressione del peso era sufficiente a schiacciare gli ortaggi, toglieva l’acqua in eccesso rilasciata per effetto della salatura lasciandone quanto bastava per tenerli coperti.
Invece, la giara, contenitore panciuto, modellato dai ceramisti di Squillace, conservava le provviste all’aceto di vino. Le giare erano riempite con cipolle, cetrioli, fagiolini, peperoni affogati nell’aceto.
Le provviste dovevano sopperire alle carenze stagionali dei prodotti conservati che, messe nei piatti, imbandivano le tavole.

Preparazione del “salatura” calabrese:

Tagliare gli ortaggi (peperoni, pomodori verdi, melanzane.)
Salare, mescolare
Deporli nel contenitore e tenerli pressati con un oggetto pesante;
Eliminare l’acqua in eccesso.

Oltre che consumati crudi come contorno o antipasto, possono essere gustati fritti.

rotolo di mozzarella ripieno


Uno stuzzichino veloce e gustoso


Rotolo di zio Mario

Ingredienti:

sfoglia di pasta di mozzarella;
5/6 fette di prosciutto cotto;
maionese;
lattuga;
tonno;
melanzane grigliate e un pizzico di peperoncino piccante
e pomodoro.

Preparazione:

1) si adagiano sulla sfoglia di mozzarella le fette di prosciutto cotto;
2) si farcisce con abbondante maionese,
3) una scatoletta di tonno in olio di oliva
4) 4/5 fette di melanzane grigliate,
5) Un peperoncino piccante,
6) Lattuga e pomodoro.
Dosati gli ingredienti secondo i propri gusti, si arrotola, si copre con le foglie di lattuga e si ripone in frigo per qualche ora.

martedì 27 ottobre 2009

italiani: coraggiosi moralisti


Italiani brava gente.


Mi ero ripromesso di non interessarmi più della questione Marrazzo perché ritengo necessario far decantare le notizie e lasciare che le cose si aggiustino principalmente per le persone care coinvolte inconsapevolmente; ma poiché, c’è molto gossip che asseconda le fantasie del popolino e monta la polemica, corre l’obbligo di esternare alcune considerazioni:

1. Perché il Presidente della Regione Lazio era pedinato dai carabinieri.
2. Chi ha ordinato la sua sorveglianza e perché.
3. Su quali basi era stato attenzionato dalle forze dell’ordine.

E ancora: come mai gli italiani, anziché indignarsi per il comportamento assurdo dei loschi figuri che hanno indossato indegnamente la divisa dello Stato Italiano, sono così solerti a giudicare, elargire dappertutto frasi indignate, gridare allo scandalo all’indirizzo del malcapitato?

Non ragioniamo con la nostra testa, seguiamo il branco e ci avventiamo sul malcapitato di turno fino ad annientarlo.
La nostra veemenza è un modo per mondare la meschinità che abbiamo dentro gettandola addosso all’uomo cattivo messo alla gogna da un sistema sociale che ha perso il raziocinio e si lascia condizionare da un sistema mediatico contorto.
Certamente il comportamento di Piero Marrazzo non è stato adatto a un leader. L’uomo che avrebbe dovuto dare esempio di correttezza e moralità ha adottato una condotta discutibile, poco edificante! Però, consentitemi un’ultima considerazione: può bastare un errore, se pur torbido, per mettere alla gogna un Uomo, sua Moglie i Figli e tutto quanto ha fatto di buono nella sua vita?

Indubbiamente le domande sono molte e anche le risposte sono molteplici. Sembra che l’esperienza di “mi manda rai3” non gli sia servita a nulla: colpa della tensione emotiva provocata dall’irruenza dei ricattatori? Probabilmente se avesse denunciato subito ora, ci sarebbe stato un altro capitolo da scrivere ma sarebbe comunque rimasta ferma l’indignazione dei bigotti.

mecenatismo o morte dell'arte?



L’assenza del mecenate è sinonimo di libertà intellettuale?
O siamo tutti, indistintamente, asserviti al potere dei soldi?


Il concetto filosofico astratto che dà spazio a mere disquisizioni intellettuali non raccoglie larghi consensi nella massa se non è ritenuto immediatamente produttivo.
Teorie e pensieri, destano attenzione nei ceti sociali se ritenuti utili e realizzabili per migliorare la quotidianità dei popoli in termini di prodotti che servano al sostentamento fisico o mentale. Ciò spiega in parte l’assenza dei grandi mecenati dell’arte e della fabbrica produttiva in voga fino a qualche decennio addietro. Oggi l’artista è qualcosa di diverso: una via di mezzo tra il filosofo, l’artigiano, il sociologo, il webmaster che vive e osserva, analizza e propone.
Un tempo gli artisti erano sostenuti e indirizzati nella realizzazione delle grandi opere dalla classe dominante. Non a caso, i maggiori tesori artistici appartengono al clero, ai nobili e alla borghesia.
Le rappresentazioni prettamente figurali indirizzano gli osservatori a seguire visivamente quanto divulgato verbalmente per avvalorare il proselitismo della classe dirigente.
Oggi la funzione d’immagine è ottemperata dalla pubblicità, dalla visibilità che la classe dirigente si ritaglia nei mezzi di comunicazione di massa e non dalla maestria pittorica di un Raffaello, Leonardo, Delacroix, Tiepolo… Anche perché sarebbe da sciocchi spendere energie artigiane che richiedono tempi lunghi e fondi, spesso consistenti, per immagini meglio eseguite dai nuovi media.
L’arte, quindi, come linguaggio libero di un essere contemporaneo affrancato dalla dipendenza del mecenate. Ma quanti tra gli operatori della comunicazione visiva artistica sono affrancati dal mercato?
Sembra che un nutrito numero segua le tendenze della massa e la incoraggi ubbidendo alla richiesta dell’immagine shock, originale e dissacratoria a qualsiasi costo.
Il pubblico cerca in un quadro o in un’immagine divulgata dai mass media il tonfo emotivo, qualcosa che lo acchiappi alla gola o frulli nella testa anche per poco tempo, vista la durata della comunicazione mediatica contemporanea. Il messaggio, qualora ce ne fosse uno, deve essere un contenitore polivalente di ossimori, meglio se dissacranti, ambigui, fobici: purché produca ricchezza! raccolga proseliti e dia visibilità al narciso.

lunedì 26 ottobre 2009

polpettone alla calabrese, in bianco e al sugo per condire la pasta


Come preparare il polpettone alla calabrese.

Ingredienti:
Fettine di vitello preferibilmente taglio dietro coscia
Preparare un impasto con:
Carne tritata,
Uova fresche,
Pane, lasciato in ammollo nell’acqua,
Formaggio pecorino grattugiato,
Aglio,
Provola di latte
Salame calabrese stagionato
Sale.
Preparazione e riempimento:
Stendere le fettine sul tavolo, mettere al centro a mo’ di polpetta un po’ d’impasto; aggiungere ¼ di uovo sodo tagliuzzato; dadini di provola e qualche fettina di salame stagionato.
Avvolgere la fettina di carne imbottita facendo attenzione a racchiudere bene il ripieno.
Legare con lo spago per alimenti.
Soffriggere in una teglia uno spicchio d’aglio, inserire i polpettoni e una volta rosolati sfumare con vino bianco.

Variante al sugo di pomodoro per condire penne, rigatoni, spaghetti:
Rosolati insieme a pezzettoni di pancetta e costata di maiale, si versa la passata di pomodori e si lascia consumare a fuoco basso.

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