giovedì 30 aprile 2009

Calabria: energie e risorse culturali



aore12
reperti in mare
Calabria:
sole, mare, cultura.
Greci, normanni, bizantini, romani, spagnoli… sono popoli che hanno lasciato impronte nel territorio Brutio; lo hanno colonizzato, depredato,  arricchito di manufatti e saperi differenti; hanno importato leggi ed esperienze indesiderate, se si pensa alla violenza che i vincitori operavano sui vinti. Ma oggi, possiamo sfruttare al meglio i tesori nascosti e quelli riesumati.

Dai bronzi di Riace ai resti del tempio di Hera Lacinia a Capocolonna, nei pressi di Crotone, passando per il parco nazionale archeologico della Roccelletta di Borgia, quindi Squillace, Lamezia Terme, la Sibaritide, Castrovillari; insomma tutto il territorio Calabrese.

Su queste peculiarità si devono spendere le energie calabresi e nazionali!

Cultura, mercato affari e etica

In affari non c’è etica!, questo il laconico commento esternato da un signore dopo aver pagato una parcella esosa, naturalmente in nero.

Pur di guadagnare si vende l’anima al diavolo!

Certamente il signore in questione sarà meno avventato in futuro. Senz'altro, quando avrà bisogno di qualsiasi intervento che implichi un rapporto di prestazione d'opera chiederà dei preventivi, magari più di uno, cosi da poterli confrontare e scegliere per non cadere nelle grinfie dei voraci im/prenditori.
sembra, questa, una considerazione giusta per prevenire sgradite sorprese.
Tutto inutile!
Anche con i preventivi sottoscritti e accettati dalle parti si è esposti a brutte sorprese.

Purtroppo, l’attuale recessione fa aguzzare l’ingegno, e, chi può cerca di ottenere il massimo profitto.

Non ci sono soldi! Non c’è lavoro!

Le poche realtà produttive sono incalzate dalla crisi: piccole imprese chiuse o che sono lì lì per farlo. I colossi, quelli cresciuti con i finanziamenti statali accusano i contraccolpi e denunciano esuberi. Le banche non fanno credito. Le attività commerciali, escluse quelle di prima necessità, sono al collasso.
Le famiglie monoreddito stentano ad arrivare a fine mese…
Insomma, siamo alla frutta! Qualcuno dice che la colpa è di quanti potevano e dovevano sorvegliare e non l’hanno fatto. Cosicché, i piccoli e medi risparmiatori hanno perso i risparmi per essersi fidati delle persone sbagliate…
LA BOLLA è SCOPPIATA!, ed ha travolto le moderne popolazioni aderenti al concetto di mercato globale.

Art. 28.
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

Ma forse le banche, le fabbriche, I FINANZIERI che hanno drogato la borsa ed il mercato non sono associabili alle categorie dell’art. 28 della Costituzione Italiana.
Senza dubbio sono dei grandi figli di… che continuano a fare affari ed a promettere nuovi mondi

mercoledì 29 aprile 2009

Vasco


20 luglio 2007
È arrivato a casa che stava nel palmo della mano. Mio figlio da tempo inviava mms alle sorelline per portarle dalla sua parte in quanto io e mia moglie sapevamo il peso che ci saremmo accollati. Ma lui, tosto tosto ha fatto in modo di portare tutti ad accettare il nuovo venuto. È nato l’otto giugno, lo stesso giorno delle ragazze, è un buon segno! Pensammo tutti. Cosicché, appena svezzato, il piccolo Vasco, entra a far parte della famiglia. Sono passati due anni. Oggi è possente; fa il capo branco del rione. Gioca ed educa i cuccioli che conosce.

la vera amicizia


aore12
Vasco è un amico! Un amico paziente; fidato. Sempre allegro e disponibile al gioco anche dopo una lunga faticosa giornata di noia.
Gli manca solo la parola. Ma, quando è necessario si fa capire:
spinge col muso quando vuole le leccornie; si alza dritto quando vuole giocare; va vicino la porta se deve uscire e nel caso qualcuno non lo capisse emana dei forti inviti vocali. Il suo abbaiare è possente; vigoroso come l’impronta che lascia per definire il suo territorio. È un Labrador di carattere.
Come tutti i Labrador è goloso e durante l’attesa dei bocconcini prelibati sopporta di tutto mentre l’acquolina sgorga dalla bocca. Si siede e aspetta e man mano che passa il tempo lui si avvicina all’oggetto del desiderio senza lasciare la posizione di seduto; tutto ciò avviene in una manciata di pochi secondi. Fa venire in mente quei vecchi film muti d’inizio secolo. È un amore!, quando salta, scodinzola, si struscia... vale più di mille parole. Appunto: senza parole, come dice il più noto Vasco.

il nemico come terapia


L’individuo medio ha bisogno di stimoli.
L’attenzione rivolta alle liti faziose risveglia la voglia della competizione in tutti quei soggetti privi di carattere; lo schieramento è d’obbligo! Sto de quà e so’ contro quelli de là!
La schermaglia appassiona più dell’effettiva soluzione dei problemi sociali. E, magari, se qualche uomo lungimirante riesce a proporre analisi idonee ai quesiti e risolvere le problematiche in essere, passata l’euforia collettiva iniziale, la calma piatta imprigiona gli ardimentosi puledri . E ora? Si chiedono esterrefatti. Cosa facciamo? Come passiamo il tempo? Con chi ce la prendiamo?
SERVE UN NEMICO!
Serve un nemico per vincere le paure interne. Serve catalizzare le forze negative verso un obbiettivo diverso da noi. Serve! Serve trovare l’antagonista per imporre la forza delle negatività individuali e collettive. Serve un nemico anche fatto in casa; un nemico/amico che di tanto in tanto s’incazza, asseconda le tue mira e alla fine ti faccia vincere…

martedì 28 aprile 2009

presentazione del romanzo breve: il graffio dell'aquila


Il graffio dell'aquila è un racconto ambientato nella cultura hip hop. E' l'incontro tra un borghese e la realtà dissacratoria dei writers. Una realtà che, all'inizio appare degradata, invece fa trovare l'amore...

il graffio dell'aquila, racconto breve sull'essere writer

racconto breve. tutti i diritti riservati ©mario iannino
aore12

Il graffio dell’aquila

Le strade vuote sono solo un ricordo, come pure la familiarità dei volti che s’incontravano un tempo durante la passeggiata. Ora, i “quattro passi per incontrare gli amici” sono rimpiazzati dallo shopping frenetico e le strade cittadine sono il luogo d’assedio di un intenso esercito d’acciaio, rumoroso e arrogante. Le macchine invadono le corsie, i marciapiedi e persino gli scivoli per i disabili. Mezzi meccanici e dissuasori ostruiscono l’accesso dei negozi, delle case… E gli incroci?, gl’incroci sono diventati punti nevralgici di improbabili affari: gente di tutte le razze aspetta il rosso per tendere la mano, lavare il vetro o offrire fazzoletti di carta!

La vecchia fisarmonica ha una voce flebile; è quasi un lamento impercettibile. Mi accorgo della presenza dell’uomo dall’ombra che mi butta addosso. Alzo lo sguardo: sarà alto un metro e sessanta; cicatrice sulla guancia destra e capelli crespi ossigenati. “Dare tu kualcosa pe manciare crazie”. Ripete con voce roca il miserabile, a noi, benestanti automobilisti italiani. A dire il vero sono pochi i finestrini che si abbassano e le mani che sbucano con qualche moneta per la ragazza che agita stancamente il cestino della questua.
Alla mia destra, il conducente della piccola cilindrata freme; scarica la sua vitalità sui comandi del mezzo meccanico personalizzato all’inverosimile:
L’egocentrismo giovanile contamina gli oggetti; li modifica secondo un’intima estetica, che, a primo acchito, può sembrare dissacrante, priva di leggi ma non lo è! La giovane esperienza legittima una filosofia di vita che li uniforma tutti; li rende somiglianti al proprio sentire, li correda di simboli e i loro feticci diventano l’appendice naturale di una personalità plurale.
Nel caso in questione, il carattere del singolo si manifesta attraverso i colpi d’acceleratore che fanno a gara col volume dello stereo, la grinta, i tatuaggi ed i capelli sparati. Meglio ignorarlo! Dirigo l’attenzione verso il semaforo. Oltre la luce rossa, dall’altra parte della strada, la piazzola del bus è invasa da calchi di gesso dozzinali e piante sempreverdi a dieci euro. Il mercante di statue parla col venditore di piante. Sgasate rabbiose sollecitano il capofila ancor prima che scatti il verde. Le moto impennano. Scatta il verde. Ingrano la prima. Il serpentone d’acciaio, di cui io faccio parte, fa pochi, pochissimi metri, giusto il tempo d’oltrepassare l’incrocio e scrasc s’arresta. La signora, dopo il primo attimo di smarrimento, reagisce con forza. Estrae il telefonino e spegne il motore, determinata a non spostarsi fino all’arrivo della forza dell’ordine. I clacson impazziscono. Le macchine contromano impediscono ogni tentativo di manovra. Non rimane che aspettare! L’ingorgo aumenta. Qualcuno scende dalla macchina e s’avvicina al luogo dell’incidente. Dal nulla, spunta un nugolo di ragazzini minuti. Il più piccolo arriva appena al finestrino; si alza sulle punte e bussa al vetro. Fa tenerezza. Nonostante ciò, non abbasso il vetro. Lo osservo mentre disegna cerchi concentrici sul finestrino: le sue unghie contornate da un velluto nero scivolano sulla superficie. Mi sorride! Si gratta i capelli arruffati; strofina la manica sfilacciata sulla bocca e passa oltre. Lo seguo con gli occhi sgattaiolare tra le macchine. Di tanto in tanto si gira, guarda indietro. Attraversa, e ripete le stesse movenze sull’altra corsia. Ormai il traffico è intasato. Il piccolino, si affianca ad uno più grande; gli sta dietro, chiede qualcosa, poi lo abbandona e riprende a grattare con la manina sui vetri delle macchine. Il venditore di statue indica un percorso alternativo.
Alcuni automobilisti imboccano una stradina laterale non asfaltata e, dopo pochi minuti, ricompaiono qualche metro oltre l’incidente. Seguo il loro esempio. La macchina saltella; le ruote sprofondano nelle buche salgono sulle pietre torcono i bracci; ed io, sballottato da una parte all’altra, faccio fatica a tenere lo sterzo. Qua e là, quasi buttate a caso, lungo il precorso accidentato sorgono delle costruzioni in lamiera e mattoni. Un ruscello putrido attraversa le baracche popolate da marmocchi; qualche cane, un paio di capre e due asini. La stradina finisce davanti l’ultima casupola poggiata al muro di pietre ingabbiate nella rete metallica. Faccio retromarcia; posiziono la macchina, ingrano la prima e mi blocco: un enorme cane rabbioso, sbucato da chissà dove, ostruisce il passaggio. Lui, la bestia, abbassa il muso, digrigna i denti e mi punta. Do gas lentamente; cerco di aggirarlo. Svolto dietro la baracca. Giro l’angolo: cinque viuzze tutte uguali si aprono a ventaglio. Ne prendo una a caso, confidando nella buona stella. Lo scenario non cambia: rottami disseminati dappertutto, carcasse di macchine, lavatrici, ferrivecchi, baracche e la belva che digrigna i denti sempre davanti a me. Le donne sull’uscio mi scrutano diffidenti. Un uomo fa cenno di fermarmi. Freno; abbasso il vetro e: “Cerchi qualcuno?” “No, credevo di sbucare da qualche parte oltre l’ingorgo ma mi sono perso!” il villaggio si anima. Una marea di marmocchi accerchia la macchina. Una donna fa segno che c’è una gomma a terra. Cerco il cane: non lo vedo. Scendo. I bambini m’indicano la ruota. Impreco. Mi guardo attorno diffidente. Apro il cofano. L’uomo m’interroga nuovamente, ma questa volta in dialetto: A sai cangiara? (1) –e senza aspettare risposta, intima: Totò provvìda! (2) Prontamente, Totò, esegue gli ordini. Il cane abbaia; i bambini lo trattengono. L’uomo lo zittisce-.

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